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di Perfranco Baiamonte |
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Con l'incarico dato dall'Accademia Olimpica di Vicenza, di edificare uno spazio adibito a rappresentazioni teatrali e cerimonie nella vecchia area del Castello del Territorio, quest'opera fu l'ultimo progetto di Palladio, ma egli non lo vide finito; i lavori iniziarono nel 1580, ma Palladio morì di li a poco e l'opera fu finiti dallo Scamozzi nel 1585, che aggiunse le scenografie per lo spettacolo inaugurale e la sale dell'Antiodeo e dell'Odeo. Questo teatro rispecchia la genialità del maestro presentandosi come un insieme di acute concezioni architettoniche e prospettiche; dal complesso dell'opera viene fuori una concezione quasi filosofica: un riferimento può essere fatto al palcoscenico con le sette strade, dal quale scaturisce il possibile paragone alla città di Tebe, dagli umanisti considerata "la città ideale". Arricchita dalle statue e dai quadri dell'Antiodeo e dell'Odeo, che precedono il teatro, quest'opera è considerata una delle meraviglie architettoniche del mondo. La sala centrale segue un po il modello di teatro aperto greco-romano ed è tripartita in Cavea, zona per il pubblico, contornata da colonne corinzie, in Proscenio, in cui hanno luogo le scene ed in Frons Scenae, ovvero la scenografia vera e propria, nella quale stupiscono i giochi prospettici, come quello della via centrale, che sembra molto lunga, ma in realtà è di soli undici-dodici metri: questo effetto nasce dalla combinazione di vari elementi e dalla loro sistemazione, infatti, la strada in questione è posta leggermente in salita, mentre il cielo creato sulla scenografia sembra cadere, e gli edifici laterali sembrano lontani. Il Teatro Olimpico fu accantonato per secoli e mai più utilizzato fino al 1935, anno in cui riprese la sua "attività" con spettacoli teatrali e concerti classici. |