PIANI DI VOLO
Arezzo non è solo una "chimera"

di Francesco Iannelli
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Chiesa di San Domenico

La Chiesa di San Domenico domina con la sua gotica architettura il fondale in leggera pendenza di Piazza S.Domenico: uno dei punti più suggestivi della città.

La costruzione della basilica venne ultimata ai primi del Trecento anche se in seguito ha subito ripetute manomissioni e restauri.
L'esterno dell'edificio, di forme semplici e austere, presenta nella facciata un pronao (atrio rifatto) e un bel portale romanico con nella lunetta un affresco raffigurante la Madonna col Bambino e Santi (1480), oltre al gotico campanile a vela con due campane trecentesche.

L'interno ha una sola, ampia navata , con vetrate moderne e copertura a capriate. Conserva alle pareti molti affreschi tre-quattrocenteschi di artisti aretini e senesi dei secoli XIII - XIV (tra gli altri Spinello Aretino e Parri di Spinello) e un grande Crocifisso ligneo del Quattrocento. Alla parete destra la cappella Dragonelli (1370), unico residuo delle originarie edicole sostituite nel Cinquecento con grandi altari. Custodisce anche un tabernacolo gotico in pietra serena (1350); la tomba del vescovo Ranieri degli Umbertini morto nel 1301; il gotico altare Dragomanni (1350) e una Madonna col Bambino, scultura senese del 1339.
Infine, di interesse ineguagliabile, il capolavoro esposto all'altare maggiore, lo splendido crocifisso di Cimabue (1260 -70), superba opera giovanile dell'artista, appena restaurata per un pericoloso attacco di insetti xiloragi nella parte bassa della Croce.
Il tempo sembra accanito sulla maggiorparte delle opere Cimabue (soprannome di Cenni di Pepo ), fino al caso estremo della grande croce dipinta di Santa Croce a Firenze, semidisttutta dall'alluvione. E' quindi un fatto quasi miracoloso che sia rimasto quasi intatto lo stupendo Crocifisso in San Domenico ad Arezzo, che può ritenersi un vero e proprio caposaldo che preannuncia l'affermarsi della cultura figurativa italiana che vedrà il vero inizio della Rinascenza con la grande innovazione di Giotto, considerato, non a caso, suo allievo. Tutta la critica è concorde nel considerare il Crocifisso di Arezzo come la più antica opera conservata di Cimabue, eseguita prima del viaggio a Roma del 1272.

Considerato il profondo impegno che l'artista dedica a quest'opera, la grande preziosità e purezza dei colori usati, l'estrema raffinatezza dell'esecuzione, nonché la perfezione incredibile della carpenteria che gli ha consentito di conservarsi quasi in perfetto stato fino a noi, si trattò senza dubbio di una commissione di grande importanza e impegno economico, affidata dai Domenicani ad un artista già molto affermato, pur avendo 25 anni.

Durante il restauro, con la riflettografia, straordinario strumento di indagine capace di riprendere con estrema precisione e nitidezza quanto esiste al di sotto degli strati di colore, si sono potute avere perfette fotografie del disegno anatomico del Cristo, come Cimabue lo aveva tracciato e intensamente chiaroscurato prima di procedere alla stesura dei suoi colori e delle dorature. "Un patetismo di estrema intensità, ma profondamente contenuto e sommesso, è espresso dal volto bellissimo del Cristo che ha assunto volontariamente su di sé i dolori dell'umanità intera".