Brescia
A volo radente
L'intreccio urbano
Il castello - Colle
Tra le chiese
Tra le piazze
Tra le vestigia romane
Evoluzione storica
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Il Museo di Santa Giulia

Nei dintorni


Brescia da scoprire


L'evoluzione storica

Brescia sorge tra la pianura e le Prealpi, alle sbocco della val Trompia. Seconda città della Lombardia per numero di abitanti e per importanza economica, vanta un trascorso millenario nel settore della lavorazione del ferro, estratto dalle vicine montagne, o una florida industria della fabbricazione delle armi.
Brescia ha origini antichissime. Il colle Cidneo, alle cui pendici si crea il nucleo storico, fu abitato forse dai Liguri e in seguito dai Celti.
Dal IV secolo a.C. Brixia divenne capitale dei Galli Cenomani.
Passata sotto l'intluenza romana, venne fatta colonia nell'89 a.C. e definì il suo assetto urbanistico a partire dalla sistemazione dell'area rettangolare del foro.
Nel I secolo d.C. aveva acquisito una specializzazione metallurgica (Bronzo) e nel secolo successivo vide la costruzione dei principali monumenti, i cui resti sono visibili ancora oggi, e raggiunse la cifra, molto alta per quei tempi, di 9000 abitanti.
Con l'avvento del cristianesimo e la decadenza del grande impero sorsero le prime chiese su un'area a occidente del foro romano, che assunse sempre più il carattere di centro cittadino.
La decadenza di Roma lasciò spazio agli esordi della storia cristiana di "Brixia".

Dopo il periodo delle invasioni barbariche passò ai Longobardi, diventando sede di ducato (650). Ansa, moglie del re Desiderio, vi fece erigere il monastero di San Salvatore, che si trasformò in breve tempo in un importante centro culturale e di potere, con proprietà disseminate non solo nel Bresciano, ma anche nel Cremonese e nel Lodigiano.
In questa epoca centro della città diventò l'area oggi occupata dalle piazze della Loggia e della Vittoria, dov'era il Cordusio, vale a dire la "curia ducis". E accertato che Brescia fu libero comune dal 1120, ma il processo di acquisizione dell'autonomia comunale cominciò nel secolo precedente e si accompagnò a una costante crescita economica e demografica.

Brescia aderì alla Lega Lombarda (1167), aprì una zecca (1186) e costruì nuove mura (1186-87), che ampliavano quelle romane includendo i nuovi quartieri a ovest. A testimonianza del rapido sviluppo, neppure cinquant'anni dopo (1237-54) si dovette procedere a un secondo ampliamento per proteggere ulteriori zone edificate a ovest e a sud. Nello stesso tempo venne costruito il Broletto, il più importante edificio della Brescia comunale, ma sembrò l'ultimo segnale di un potere al termine della sua parabola. L'espugnazione della città nel 1258 da parte di Ezzelino da Romano inaugurò un tumultuoso alternarsi di signorie: prima il vescovo bresciano Berardo Maggi (1270-1308), poi gli Scaligeri (1331), i Visconti (1337), che costruirono la cittadella e le mura che congiungono il Castello al forte della Garzetta, Pandolfo III Malatesta (1404) e ancora i Visconti (1420).

La pace di Ferrara (1428) assegnò Brescia e Bergamo alla Repubblica veneta, inaugurando un pacifico e ben accetto dominio che sarebbe durato - salvo una breve interruzione francese (1509-13), con l'insurrezione della città, nel 1512, e l'assedio e il saccheggio a opera di Gastone di Foix - per oltre tre secoli e mezzo.
La lunga pace, l'inserimento in un più vasto e libero mercato, le scelte di politica economica dei veneziani che favorirono lo sviluppo dell'industria delle armi e dei tessuti di lana - tutto ciò comportò un continuo progresso per Brescia che nel 1505 arriva a contare 65 mila abitanti, cioè pressappoco come alla fine dell'800.

Allo sviluppo economico fece seguito quello artistico. Brescia entrò nell'orbita culturale veneziana: dopo aver conosciuto i dipinti di Jacopo Bellini e Antonio Vivarini, accolse artisti come Carpaccio (nel 1519), Tiziano (nel 1522), il Veronese (nel 1578).
Sul piano urbanistico il più significativo intervento dell'epoca veneziana fu la costruzione della piazza Nuova, oggi piazza della Loggia, alla cui progettazione presero parte, tra gli altri, artisti quali il Sansovino e il Palladio.
Altro intervento veneziano fu l'imponente cinta muraria che ricalcò sostanzialmente quella medievale e che avrebbe caratterizzato la città fino alla demolizione e trasformazione in pubblico passeggio dopo il 1796, in epoca napoleonica.

La peste del 1630 colpì qui più duramente che altrove e Brescia rimase con 13 mila abitanti; a questo si aggiunga che Venezia, in difficoltà economiche, dopo il 1666 impose elevate tasse sulle miniere, colpendo così la lavorazione del ferro e delle armi.
Quando il trattato di Campoformio (1797) assegnò la città all'Austria, Brescia si ribellò proclamandosi repubblica per confluire prima nella Repubblica cisalpina e poi (1805) nel napoleonico regno d'Italia. Il pur breve periodo francese (Brescia tornerà austriaca nel 1815) lasciò il segno. Oltre alla demolizione delle mura, venne istituita la Commissione d'Ornato che sarebbe sopravvissuta alla parentesi napoleonica e avrebbe modellato per tutto l'800 l'evoluzione edilizia.

Dopo l'unità d'Italia (1861), a Brescia lo sviluppo economico divenne più rapido soprattutto nei settori metalmeccanico ed elettrico. Il successivo periodo fascista fu caratterizzato, per quanto riguarda l'urbanistica, dal piano regolatore di Marcello Piacentini (1926-32).
L'intervento che interessò l'area intorno a piazza della Vittoria, fece propria l'esigenza di fasto e monumentalità espressa dal regime, ma adottò un atteggiamento poco attento alla conservazione del passato che si manifestò poi anche nel secondo dopoguerra, favorito dalle distruzioni dei bombardamenti e sospinto dal "boom" economico degli anni cinquanta.