Senza dubbio la veduta più caratteristica e più bella delle Meteore è quella del monastero della S. Trinità. Al visitatore si presenta un quadro incomparabile, con la roccia maestosa su cui è arrampicato il convento in primo piano e le vette del Pindo, coperte di boschi, che si scagliano sullo sfondo contro l'azzurro del cielo, mentre in basso si apre la valle del fiume Peneo. Dalla cima della roccia la vista è unica: il visitatore può giungere con lo sguardo fino al limite della pianura tessalica, che si perde a Sud nell'orizzonte luminoso. A Sud-Ovest si sviluppa la catena dei monti Agrafa, che giunge fino al picco del Koziakas. Ci si sente veramente sospesi nel vuoto se si getta lo sguardo verso il basso dove, 400 m più sotto, si distinguono i tetti di Kalabaka. È uno spettacolo esaltante, che ispira timore e venerazione. Non esistono documenti che precisino la data di fondazione del monastero, ma secondo alcune fonti storiche la si può collocare tra il 1458 e il 1476, forse per opera del monaco Dometios. La chiesa della S. Trinità è una costruzione cruciforme in stile bizantino, con due colonne e una bassa cupola. Contiene notevoli affreschi del 1692 e una raccolta di icone più recenti. Una piccola chiesa scavata nella roccia, a sinistra dell'entrata del monastero, da l'impressione di essere stata in origine un luogo di ritiro, successivamente trasformato in cappella. Ha la forma a volta ed è coperta di affreschi, opera dei monaci Damaskinos, lonas e Arsenios. Anche qui l'ascesa al monastero avveniva anticamente per mezzo di scale di corda. Nel 1888 fu scavato un passaggio nella roccia, completato nel 1925 da una serie di 140 gradini. Cosi l'ascesa al convento può avvenire senza difficoltà. Lontano dalle tentazioni del mondo, sopra queste rocce scoscese che più tardi servirono come celle di isolamento per i monaci che avevano peccato, gli eremiti che avevano rinunciato al mondo pregavano Dio notte e giorno per ottenere la pace eterna dopo la morte. Soli loro compagni il vuoto vertiginoso e le aquile che volteggiavano intorno a loro. Quanti saranno morti qui, isolati e dimenticati da tutti? |