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VASTO, tra storia ed amenità


Itinerario di visita: il percorso da sud a nord

Provenendo dall’autostrada, uscita Vasto sud, lungo via San Michele, lasciamo l’auto nei dintorni della Villa Comunale, che sono i giardini pubblici della città.
Giunti in piazza Marconi, lasciamo le spalle ai giardini, ed imbocchiamo sulla destra la loggia Amblingh, suggestiva balconata a mare che prende il nome dal segretario di Cesare Michelangelo D'Avalos, qui residente all'inizio del Settecento. Essa è stata soggetta però negli ultimi due secoli a gravi scoscendimenti (rovinosa la frana del 1816) che ne hanno alterato non di poco l'originaria fisionomia.
Intatta è invece rimasta la Porta Santa Maria, indicata comunemente col nome di Porta Catena, col suo arco in cotto rinforzato da pietra del Gargano, mentre è stato necessario ricostruire nel 1952 l'attigua casa natale di Gabriele Rossetti, che oggi ospita la Biblioteca comunale.
Oltrepassandola, ci si infila sulla sinistra, attraverso la rampa di via Tagliamento, sulla piazzetta Cellini che rappresenta il cuore del vecchio Vasto. Notiamo una chiesa, che si raggiunge percorrendo stradine fino a raggiungere uno slargo da cui si accede alla chiesa di S. Maria Maggiore, che custodisce nel neoclassico interno le tombe dei D'Avalos. L'edificio si fa risalire alla fine dei Mille; devastato dai Turchi nel 1566 e incendiato a metà Seicento, fu ricostruito su forme più ampie nell'ultimo quarto del Settecento. Diverso il destino della torre campanaria, sorta nel '300 su un preesistente rudere di bastione.

Continuando il percorso su Via Santa Maria, segnaliamo che questa costituiva il limite occidentale del più antico aggregato medioevale.
x Subito a destra della chiesa s'allinea il palazzetto Marchesani, allestito nel 1640, dietro la cui facciata d'un semplicissimo barocco si trova un piccolo cortile dotato di cisterna.
La strada si allarga allo sbocco su Corso de Parma, che è il proseguimento di Piazza Diomede sul cui sfondo vediamo il lato est del Castello Caldoresco, a destra invece ammiriamo la Cattedrale di S. Giuseppe, situata sulla piazza Pudente, delimitata ad est dal lato d'ingresso del maestoso palazzo D'Avalos.

La facciata in pietra della Cattedrale di San Giuseppe (Chiesa di Sant'Agostino), mantiene i lineamenti dell'originaria struttura romanico-gotica elevata nel 1293 e successivamente inglobata in un edificio tardo-trecentesco di maggiore altezza, a sua volta incendiato dai Turchi e completamente rifatto nel 1890.
Il portale ogivale di Ruggero de Fragenis è sormantato da un grande rosone con cornici finemente lavorate a punta di diamante ed a palma d'acanto; solo l'intaglio esterno rimonta alla stessa epoca del portale, la raggiera invece è meno antica. Nell'interno neogotico si può ammirare il trittico del 1505, raffigurante la Madonna col Bambino ed i Santi Caterina d'Alessandria e Nicola di Mira, e firmato da Michele Greco da Valona, esponente della scuola Greco-Veneta

Il palazzo D'Avalos, esistente già nel Trecento, viene ingrandito da Giacomo Caldora nel 1427 e ricostruito in forme tardo- rinascimentali dopo i danni della scorreria saracena per volere della casata spagnola cui servi da piccola corte fino al 1729, anno in cui i suoi discendenti trasferirono la propria residenza principale presso la più grande corte di Napoli.
Il piano terreno, che presenta manomissioni, è stato adibito a Museo civico che accoglie interessanti reperti testimonianti la civiltà italica e romana dell'antica Histonium, quali sarcofagi, sculture, anfore, monili, armi, monete (coniate dal III sec. a.C. al V sec. d.C.) e un bellissimo pavimento musivo raffigurante pesci, mostri marini con motivi floreali, proveniente dagli scavi effettuati nell'area delle antiche terme istoniesi la cui datazione si fa risalire al I sec. d.C.
Al secondo piano è stata destinata la Pinacoteca. il cui patrimonio è costituito, in prevalenza, dalle tele dei fratelli Palizzi, di Gabriele Smargiassi (1792-1882), di Valerico Laccetti (1836-1909), di F. Paolo Michetti (1851-1929) e di artisti locali contemporanei.

Proseguiamo diritto, tra le fiancate del Duomo e del palazzo marchesale, verso piazza del Popolo, da cui possiamo ammirare tutta la costa vastese, e nelle giornate lipide le isole Tremiti ed il promontorio del Gargano, lungo la via Adriatica, un’altra balconata sul mare, aperta dopo il 1956 al posto dell'antica "Via delle Lame", in bilico al precipizio prodotto da una frana, che ha lasciato il cinquecentesco Palazzetto Nibio, ma che invece ha fatto sprofondare l'intero corpo della chiesa di S. Pietro, l'edificio sacro più caro ai vastesi, alzato dopo il Mille sulle rovine, sembra, di un tempio dedicato a Cerere. Oggi ne resta, perché con le spalle al mare, soltanto il portale della facciata, opera di Ruggero de Fragenis, lo stesso autore che firmò nel 1293 la grande rosa sulla fronte della Cattedrale. Da notare nella lunetta, al di sotto del Cristo Infante, il Gesù deposto reca in capo - e l'iconografia non è affatto frequente- una corona regale e non di spine.
Alla fine della via sopravvive invece la chiesa di S. Antonio, la cui duecentesca facciata si presentava all'origine interamente in cotto, cosi come ora appare soltanto nella porzione superiore. Il suo portale, benché mutilo, costituisce l'unico esempio di forma gotico-cistercense esistente nel Vasto.

Nelle vicinanze vi sono i primi resti di quelle che si scoprirono essere le Terme Romane di Histonium, venute alla luce nel 1973-74, durante i lavori di demolizione degli edifici danneggiati dalla grande frana. Ripresi gli scavi ben vent'anni dopo, nel giugno '94, sono stati portati alla luce nel 1997 il bellissimo mosaico del Nettuno, che si aggiunge all'altro mosaico con scene marine già sottoposto a restauro e riposizionato in loco, entrambi databili al II sec. d.C. Il mosaico e la zona delle terme in generale è ancora parzialmente coperta dalla chiesa di S. Antonio e dall'edificio che sorge al suo fianco che ne ospita la sagrestia.

Riprendendo il cammino si raggiunge Via Roma, ricavata sulla linea delle mura settentrionali. E, sempre a sinistra, attraverso la Porta Nuova restaurata nel 1790, si entra in corso Palizzi, la strada principale della città moderna; subito sulla destra spicca l'ottocentesco Palazzo Rulli e, svoltando a destra su Via Laccetti si scorge oltre l'incrocio con Corso Dante, il Palazzo Cardone, la sua facciata appare di proposito intonata con quella dell'attigua Chiesa del Carmine, eretta all'inizio della seconda metà del Settecento su di un progetto cui mise mano anche il Vanvitelli.

Dal Largo del Carmine si piega a destra lungo Via Marchesani (ex corso Plebiscito), osservando all'altezza dell'ultimo incrocio, sul luogo dell'antico monastero di Santo Spirito, il Teatro comunale (1818), che però è impossibile visitare.
Infine ai piedi della rampa che riconduce a piazza Verdi, il nostro punto di partenza, si può osservare la Torre caldoresca detta di Santo Spirito.