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ll Museo etnografico del corleonese:
antichi mestieri, utensili e memorie

Cera un tempo in cui le donne in Sicilia preparavano pani sciaccatu e ficu e u' pumadoru (pane cotto nei forni a legna, e fichi e pomodoro essiccati), e parlavano raccolte intorno al fuoco aspettando gli uomini di ritorno dal lavoro.Era il tempo in cui i contadini utilizzavano utensili antichi per le fatiche nei campi, per la mietitura e la trebbiatura, o per occuparsi degli animali.

Questo sapere antico, fatto di canzoni e di riti, ed insieme di oggetti adoperati per le faccende quotidiane, di arredi e di documenti di un tempo andato, esiste ancora, grazie alla sapiente ricostruzione che ha portato all'ideazione e realizzazione del Museo etnografico del corleonese. Inaugurato nel 2000, il museo sorge nei locali dell'ex Monastero dei frati Olivetani a Corleone, ed ospita una collezione di circa duemila oggetti, costruiti tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento.
I pezzi esposti provengono dalla tradizione contadina, artigianale ed agro-pastorale del territorio, e sono stati raccolti nel tempo grazie alla dedizione di Don Calogero Giovinco, fondatore ed animatore della struttura insieme all'Associazione culturale S. Leoluca, Molte sono state le donazioni da parte degli abitanti di Corleone, Frizzi e Bisacquino, custodi di una tradizione che in parte si mantiene.
Resta viva, ad esempio, l'abitudine di aggregarsi e ritrovarsi in occasione della raccolta delle mandorle e delle olive, ma è anche vero che altre usanze sono destinate a perdersi per la mancanza di botteghe ed artigiani locali che possano riparare quel che si guasta. Non esistono più, infatti, le botteghe dei sbarraturi d'arati, artigiani che costruivano e riparavano gli aratri a chiodo, i gioghi per i cavalli ed i buoi, così come i vardiddara (bastai), fasciddara (costruttori di fiscelle), e tanto altro ancora. Ma con i suoi oggetti ed attrezzi il Museo etnografico può dare la misura della cultura materiale dei secoli trascorsi, e contribuire a mantenere vivo l'interesse verso una cultura semplice ma laboriosa, che si nutriva del rapporto con il lavoro e con il sacro.

Il percorso espositivo del museo si snoda attraverso quattro ambienti fondamentali: la stalla e stanza del lavoro, Stanza degli attrezzi di campagnala camera da letto, la cucina e la stanza degli attrezzi. Nella stalla e stanza del lavoro è stato ricostruito il ciclo della cerealicoltura e panificazione, ma vi si trovano anche le ricostruzioni della bottega del falegname e del calzolaio.
Gli utensili adoperati per tali attività, e visibili nell'allestimento del museo, sono la mangiatoia, l'aratro a chiodo, la bardella e il pungolo, utilizzato per incitare gli animali durante l'aratura e la semina. E poi le falci, naturalmente, per mietere il grano, fieno ed altri cereali, gli uncini e le forcine (ancini e ancinedde) per raccogliere i mazzi.

Altro ambiente è quello della stanza da letto, dove campeggia il letto con il materasso ripieno di ristuccia (la paglia rimanente a seguito della trebbiatura), le bianche lenzuola di cotone ed i ricami della fine del Novecento. Tra il baule per la dote, le trine, le sottane e le coperte, rivive un mondo che respira ancora attraverso le immagini appese alle pareti, le fotografie d'epoca in cui sono ritratti sposini e volti di amici e parenti, e le numerose immagini votive.

Un ambiente particolarmente interessante è la cucina, Cucina con vari utensilidetta a' tannura, risalente agli inizi del secolo scorso e decorata con mattoni colorati provenienti dalle rinomate fornaci di Burgio (Agrigento). La stanza è colma di pentole e recipienti, brocche di terracotta, brocche di zinco, fiaschi di vetro, piatti, per un vero tripudio di strumenti dalle fatture più diverse, attraverso cui percepiamo l'attenzione antica rivolta agli oggetti del quotidiano, quando fare il pane era una festa, un'esperienza che coinvolgeva l'intera famiglia e quando la conservazione dell'olio era affidata alle giare di terracotta. La devozione raggiungeva anche la cucina, nella forma dei quadri sacri riproducenti la Madonna tra Santi.

Infine, la stanza degli utensili agro-pastorali, ovvero gli utensili per la pastorizia e la confezione dei prodotti caseari, come a' cisca, il secchio, in doghe e manico di rovere, a' quadaredda stagnata, la caldaia, in rame, e tanti altri attrezzi utilizzati per la ricotta ed altri formaggi, ancora prodotti nella zona.
E poi vi si possono ammirare utensili per la cerealicoltura, zappe e tridenti, aratri e pale, strumenti per la tosatura e per la raccolta dei prodotti della terra. Al centro della stanza si trova inoltre un tipico carretto agricolo di scuola palermitana, utilizzato per il trasporto di cereali, fieno, materiali di costruzione ed altro. Il carretto, purtroppo non in buone condizioni conservative, presenta sui lati le tipiche decorazioni cavalieresche, realizzate con una tecnica che ricorda da vicino quella utilizzata per la pittura su vetro, altra affascinante espressione della creatività e della devozione popolare siciliana.

Il Museo etno-antropologico costituisce un'importante esperienza culturale ma anche sociale, volta a rinnovare il tessuto di una cittadina dal passato difficile ed a rivolgere una nuova attenzione verso esperienze come l'arte e le tradizioni popolari.
Numerosi sono i personaggi che hanno visto i loro natali a Corleone, come Pippo Rizzo, celebre pittore futurista, o ancora personaggi che hanno rivestito ruoli importanti in altri settori, come il francescano Fra Libertino da Corleone e l'umanista Giovanni Naso.
Molte le pubblicazioni che il Museo e l'Associazione hanno realizzato con l'intento di valorizzare il patrimonio della cittadina, in particolare quello relativo ai beni culturali ecclesiastici, e con l'intento di offrire ai sempre più numerosi turisti materiale illustrativo e scientifico. Da segnalare, inoltre, la notevole biblioteca annessa al Museo, che custodisce circa dodicimila volumi.