LO SCHERMO OLTRE LA SIEPE
Facoltà immaginativa" e "poetica" del cinema
di Andrea Piovano
Sommario
Lo schermo oltre la siepe
Il Premio Ludovico Alessandrini

luoghi
Recanati e il parco letterario G. Leopardi
 
pretesti di volo

Il Centro Nazionale di Studi Leopardiani

Il premio "Ludovico Alessandrini" - I edizione

Il sonnambulismo creativo di Franco Piavoli

Durante la prima edizione (Recanati, 15-19 settembre 1998) il premio "Ludovico Alessandrini" è stato assegnato a Franco Piavoli, che, con la sua ultima opera "Voci nel Tempo", presentato alla mostra del cinema di Venezia del ’96, conferma l’attitudine ad un linguaggio che trasfigura la natura, la musica e i sentimenti umani in fotogrammi montati. Lo stesso Piavoli definisce il suo legame con la poesia, in particolare con la lirica leopardiana:

L’esempio più alto di montaggio visivo-sonoro lo troviamo ne l’Infinito di Giacomo Leopardi. In esso infatti la sensazione, o meglio la percezione profonda del concetto di infinito è resa con la tecnica del montaggio per stacchi di piani diversi. Montaggio visivo: "questo colle e questa siepe" (primi piani visivi) sono accostati per stacco a "ultimo orizzonte" (campo lunghissimo). Montaggio sonoro: lo stormire delle fronde e questa voce ( primi piani sonori) sono accostati per stacco a l’infinito silenzio (campo lunghissimo sonoro). È appunto da questo montaggio di campi visivi e sonori contrapposti che scaturisce il senso dell’eterno, dell’immenso, dell’infinito. Considero mio grande maestro Giacomo Leopardi, maestro di filosofia e di tecnica compositiva

Se è possibile ritagliare un’immagine di Piavoli, l’universo dell’immaginario leopardiano permette, quale rimando analogico, di addentrarsi entro la sua cinematografia (Piavoli stesso nomina il poeta tra i collaboratori dei suoi film). Una natura che incombe e domina è lo spettacolo sul quale si apre la finestra magica de il pianeta azzurro. Immagini fisse, brevi e lenti movimenti di macchina, assenza di parole riproducono i suoni e le voci della natura: dettagli nascosti e imperscrutabili di pesci, rane, insetti e cicale. La presenza dell’uomo si riduce ai borbottii dei personaggi, al rombo di un jet, alla radio e a rare istantanee offerte dalla luce lunare sull’aia: una donna piange di notte, una ragazza guarda verso il tramonto, due vecchi sposi, distesi a letto, litigano per la misurazione di un campo.

Nostos, il ritorno è il percorso verso casa di un nuovo Ulisse, reduce del ricordo spezzato della guerra. Tornare è un’esperienza interiore, incomunicabile e sospesa tra illusioni e nuovi incantesimi: il paradiso terrestre, la ri-scoperta dell’amore, il fantasma della madre, la camminata sulla luna. Ulisse ritornerà a casa e la realtà troverà un baricentro nella sospensione tra l’interiorizzazione del mondo e una dimensione interiore che vive dell’esterno. Un uomo dunque che, frammento della natura, viene trasportato nella dimensione del mito e parla una lingua di suoni, perché – afferma il regista – "ogni lingua ha un valore fonico prima che semantico".

Sivano Agosti, così ricorda l’amico: "credo che la caratteristica più rara di Franco sia da rintracciare in una sorta di sonnambulismo creativo nel quale si immerge non appena il suo occhio si avvicina al mirino della macchina da presa. In una atmosfera sognante e rapita scocca le sue immagini impeccabili che quasi sempre toccano il centro del cuore di chi le contempla. Franco Piavoli, come cineasta, e come ogni grande fenomeno naturale, è nato dal nulla o meglio dalla grazia del caso […] in compagnia dei grandi del passato, Franco continuerà nel suo cammino solitario a scoprire non soltanto una più profonda autonomia espressiva ma anche il piacere di una autonomia operativa, producendo da se stesso i suoi film, così come è giusto fare quando si opera nella clandestinità", Franco Piavoli visto da Silvano Agosti, in a. maffettone, e. soci, Franco piavoli: l’alfabeto perduto della realtà, Circuito Ipotesi Cinema e Istituto P. Valmara, 1989.