LO SCHERMO OLTRE LA SIEPE
Facoltà immaginativa e poetica del cinema
di Valeria Rosa
Sommario
Lo schermo oltre la siepe
Il Premio Ludovico Alessandrini 2002

luoghi
Recanati e il parco letterario G. Leopardi
 
pretesti di volo

Il Centro Nazionale di Studi Leopardiani

Il premio "Ludovico Alessandrini" - V edizione
Giuseppe Piccioni: un cinema sottovoce e profondamente umano

PAROLA DI REGISTA : MI PIACE RACCONTARE STORIE

Non mi sento un professionista, conosco il mestiere ma non credo che sarei capace di mettere in scena con disinvoltura qualcosa che appartiene ad altri, che è stato scritto da altri, anche se qualche volta penso che dovrei farlo, impegnarmi di più nella parte di lavoro che riguarda la messa in scena.

Non sono un regista con la frusta e gli stivali ma sul set sono un'altra persona. I miei collaboratori più stretti lo sanno e mi sopportano anche se credo che sappiano quanto io apprezzi il loro lavoro, quanto tenga alla loro opinioni. Quando sono sul set ho bisogno di coinvolgere tutti, chiedo il parere di tutti poi scelgo.

Scegliere non è sempre facile. Io arrivo a compiere le scelte definitive dopo un grande accumulo di incertezze. Fa parte del mio carattere. E' solo dopo una serie interminabili di "no" e di "forse" che prendo delle decisioni sul cast, su un ambiente, sui costumi o sul modo di girare una scena. Bisogna imparare ad accettare i consigli di tutti ma anche a dire dei no, a restare della propria idea. Mi piace che un mio film sia personale, riconoscibile, che corrisponda il più possibile al mio punto di vista sul cinema e sul mondo ma mi piace che il film sia anche dei miei collaboratori attori compresi. Lavorare con gli attori mi piace moltissimo. Ho bisogno di entrare in confidenza con loro, di cercare il punto d'incontro o di collisione tra il personaggio e la persona.

In genere faccio in modo che l'attore si prenda la responsabilità di un personaggio, che mi aiuti a cercare una verità oltre la scrittura. Proviamo molto prima di girare, cercando sempre qualcosa nel personaggio che sia imprevedibile, non troppo scritto. Discutiamo le battute, a volte le cambiamo o le arricchiamo con piccole sfumature. Quasi sempre tutte le prove vengono riprese con la telecamera poi le studio, le riguardo e arrivo ad un'idea più precisa sulla decisione da prendere per quello che riguarda la recitazione. Quando scrivo è forse il momento più faticoso per me. Le prime stesure sono una sofferenza e i miei sceneggiatori cercano in tutti i modi di capire che tipo di film dobbiamo scrivere, che storia voglio raccontare.

Grazie al loro lavoro e alla loro pazienza riesco poi a trovare un modo più convinto di appropriarmi della sceneggiatura, di farla mia, di crederci. Ma all'inizio tutto mi sembra improbabile, la storia, i personaggi, i dialoghi.

Mi piace lavorare sui dialoghi. Ho una vera passione. Mi piacciono i film in cui quando ti alzi dalla poltrona ti porti dietro anche qualche parola, una battuta. Le parole. Per questo mi piace Truffaut, non solo per i film che ha fatto ma perchè è uno dei pochi registi che ha saputo anche parlare di cinema, usare le parole in maniera nè fumosa, nè accademica. Truffaut, più di ogni altro, anche attraverso i suoi libri è l'autore che più mi ha trasmesso il piacere del cinema, di fare il cinema. Quando giro non amo riprendere la scena da molti punti di vista e affidare tutto al montaggio.

Per quanto non ci sia nulla di particolarmente innovativo nel mio modo di girare cerco spesso di non essere convenzionale, di trovare il mio punto di vista sulla scena, prediligo l'ellissi, detesto le scene di passaggio, quelle che informano o spiegano, mi piace raccontare l'essenziale di una scena trascurando a volte altri dettagli. A volte però cerco di essere semplice e non mi rattrista girare un campo e controcampo. Mi piace tutto il cinema, da Bergman a Scorsese, da Truffaut a Coppola. Come spettatore sono cresciuto guardando i film del cinema indipendente americano degli anni '70, anche perchè in quegli anni la grande commedia italiana iniziava fatalmente il suo declino. Del cinema italiano del passato amo i grandi maestri, ma ho una particolare affezione per Pietrangeli e Germi, per alcuni autori spesso ingiustamente definiti di secondo piano rispetto ad altri ampiamente consacrati. Insomma, mi piace raccontare storie. Mi piace riconoscere il profilo di un autore dietro le storie, i personaggi, il modo di raccontare. Mi piacciono i personaggi a cui manca qualcosa per essere al passo con la vita degli altri, che hanno qualcosa che non funziona, come un difetto di fabbricazione che impedisce loro di essere compiuti, soddisfatti e che tuttavia cercano di essere felici. Mi piacciono le storie che parlano di persone un po' " fuori dal mondo"

Giuseppe Piccioni