LO SCHERMO OLTRE LA SIEPE
Facoltà immaginativa" e "poetica" del cinema
di Andrea Piovano
Sommario
Lo schermo oltre la siepe
Il Premio Ludovico Alessandrini

luoghi
Recanati e il parco letterario G. Leopardi
 
pretesti di volo

Il Centro Nazionale di Studi Leopardiani

Il premio "Ludovico Alessandrini" - III edizione

Abbas Kiarostami: la semplicità della vita

La scorsa edizione (Recanati, 9-21 ottobre 2000) ha visto l’assegnazione del premio "Ludovico Alessandrini" ad Abbas Kiarostami. Il regista, anche grafico, fotografo, sceneggiatore, poeta, attingendo da un lato al candido immaginario dell’infanzia, dall’altro al disordine, al caos dell’Iran, afferma l’idea di un cinema che è nel contempo fuori e dentro la realtà; di un cinema che deve necessariamente superare la realtà, ma che in questo andare oltre deve saper contenere la vita, anche e soprattutto nelle sue manifestazioni intollerabili, quasi che da qui scaturisse l’umano.

Scrive Irene Bignardi a proposito de il sapore della ciliegia: "chiamiamolo film di poesia. Chiamiamolo, più letterariamente, film di idee….è un ossimoro: tanto è dolce il titolo, tanto è aspro e ‘sgradevole’ l’assunto della storia, e tanto è desolato il percorso di Badij attraverso la piagata umanità iraniana. Ma in un paesaggio di film sempre più disumanizzati, l’estrema provocazione intellettuale ed etica di questo cinema filosofico e metafisico potrà stupire o sconcertare, ma non lasciare indifferenti", (La Repubblica, 12/10/97). Così è il cinema di Kiarostami per il quale se è restrittiva la categoria di cinema di poesia, altrettanto limitante sarebbe chiamarlo cinema metafisico: lo priverebbe di quell’anima popolare che attinge alla semplicità stessa della vita:

"La filosofia nella sua natura è semplice, la vita pure e se sembra complessa è perché la complichiamo noi. Lo spettatore non viene al cinema per vedere gli argomenti e problemi complessi, e non possiamo pretenderlo nelle condizioni attuali in cui vuole trovare tutto tranquillo e semplice. La filosofia è nascosta nella natura della vita; naturalmente la non conoscenza della filosofia orientale aumenta ancora di più il suo fascino in occidente. Ma io non lo faccio appositamente. Il punto di partenza è la semplicità della vita" (da una intervista rilasciata a Tabè Mohammadì, giornalista per la rivista iraniana "FILM").

E la semplicità della vita diventa poetica, stabilendo le regole e principi del "fare cinema". L’oggetto viene colto nei suoi tratti comuni e essenziali dall’occhio di Kiarostami e trasmesso su celluloide come un messaggio. Questo, di fronte ai sensi di altri occhi, rinvia alla percezione fisica di una nostalgia, di un ricordo che nel suo affiorare rivela il bisogno, la necessità stessa di quell’immagine, di quello sguardo. Il procedere per sovrapposizioni di echi e suggestioni, secondo una trama analogica di fotogrammi diventa anzitutto non opera fotografica e di montaggio, ma procedimento umano di selezione del reale attraverso il ricordo: "le mie immagini non sono il risultato del mio amore per la fotografia, ma del mio amore per la natura. E’ qualcosa di simile a un regalo o a un ricordo".

Abbiamo nitidi e rutilanti nella memoria i fotogrammi di Il vento ci porterà via: linee geometriche e colori, cielo e terra sono i grandi spazi, i grandi vuoti all’interno dei quali nasce come una sensazione di pienezza, la possibilità di un attraversamento. Ora è l’immobilità di un albero, ora la polvere, nebbia rossastra tra case bianche e addormentate, ora solitari tratturi per strade tortuose: esiste un aldilà, che è immobile presagio di un divenire, lento e magnifico come gli spettacoli silenti della natura.

Kiarostami ci lascia questa confessione di poetica:
"Non si possono arrestare i sogni!
Il sogno è la componente più importante dell'essere umano:
solo e grazie ai sogni (o meglio attraverso di essi) siamo
in grado di sopportare cose intollerabili nella vita concreta.
Una volta mi hanno chiesto se avrei preferito rinunciare
alla vista o alla possibilità di sognare.
Se proprio avessi dovuto scegliere, ho risposto, avrei
rinunciato alla vista: con i sogni, infatti, avrei perso
la possibilità di viaggiare senza limiti, di abbandonarmi alla
fantasia e vedere cose fantastiche.
La fantasia è la fonte della vita."












Kiarostami: Fotografo