BRESCIA
DA RAFFAELLO A CERUTI. Capolavori della pittura dalla collezione Tosio Martinengo
Pinacoteca Tosio Martinengo,
piazza Moretto, 4

Tel. 0438 21306

Prenotazioni on line


Periodo:
Dal 23/10/2004
al 20/3/2005

Orario:
dalle 9.00 alle 19.00

chiuso :
24,25,31 dicembre 2004

Biglietti per le tre mostre a Santa Giulia e per il Museo
Intero € 12,00 Ridotto € 10,00

Biglietti per le tre mostre a Santa Giulia, per il Museo e per le due mostre alla Pinacoteca Tosio Martinengo
Intero € 15,00 Ridotto € 12,00




Una mostra straordinaria, a cura di Elena Lucchesi Ragni e Renata Stradiotti, riunisce circa sessanta opere di pittura datate tra il XV e il XVIII secolo, quanto a dire tutti i capolavori della collezione Tosio Martinengo, tali da porre la raccolta bresciana ai vertici non soltanto in IRaffaello Sanzio, Il Cristo Redentore benedicentetalia nell’ambito della pittura antica. Una rigorosa selezione offre dunque quanto di più suggestivo vi sia contenuto, a cominciare da opere di bellezza incomparabile di Raffaello.

Numerosi dipinti provenienti da chiese e palazzi cittadini rispecchiano il clima artistico bresciano Tre-Quattrocentesco, aperto ai richiami del mondo veneto-bizantino (come si nota in alcuni scomparti del polittico con San Giovanni Battista, San Paolo e due Santi Vescovi di Paolo Veneziano), alle influenze giottesche e al filone “cortese” di chiara matrice lombarda, rappresentato dalla tavola con San Giorgio e il drago databile alla seconda metà del XV secolo.

Il definitivo distacco dalla tradizione gotico-internazionale radicata nell’Italia settentrionale e l’introduzione delle innovazioni umanistico-archeologiche e prospettiche si compie con Vincenzo Foppa che pur mantiene un’attenzione irrinunciabile alla verità del dato naturale, indagato con cromatismo pacato e luce fredda. Appartengono alla tarda maturità del Foppa, cioè agli anni 1514-1515, la Madonna con il Bambino fra i Santi Faustino e Giovita, lo Stendardo proveniente dalla parrocchiale di Orzinuovi, il San Giovanni Battista e la Santa Apollonia.

Alla fine del XV secolo, le influenze della pittura d’oltralpe e della presenza in Lombardia di Bramante e Leonardo giunsero a Brescia grazie al cremasco Vincenzo Civerchio, di cui si espone il polittico con San Nicola da Tolentino, San Rocco e San Sebastiano (1495).
Sotto il dominio della Serenissima, Brescia divenne particolarmente sensibile all’ambiente culturale veneziano, che influenzò la più famosa triade di maestri del rinascimento bresciano: Savoldo, Romanino, Moretto. Savoldo, Ritratto di giovane con flauto

Di Gerolamo Savoldo si possono ammirare la Natività (1540), opera immersa in un’ambientazione notturna trasfigurata dagli effetti di luce lunare, e il Ritratto di uomo con flauto, recente acquisizione, che è una delle più alte realizzazioni nel campo della ritrattistica rinascimentale.
L’interpretazione della realtà, negli aspetti naturali e umani, che affonda le radici nell’inventiva innovatrice del Foppa – poi arricchita di influssi veneto-lombardi e di apporti fiamminghi con il Savoldo –, sarà approfondita anche da altri due artisti bresciani: Gerolamo Romani detto il Romanino e Alessandro Bonvicino detto il Moretto.

La pala con la Natività è uno dei saggi più felici di luminismo precaravaggesco del Romanino. Poco più tarda, la Cena in Emmaus, accanto al vivace colorismo veneto, manifesta un’attenzione particolare alla verità delle cose presentata anche nei suoi aspetti più aspri.
Tra le opere del Moretto si segnalano la Madonna col Bambino, San Nicola di Bari e i discepoli del grammatico Rovelli, datata 1539. Solennità e misura sono le qualità adatte ad esprimere la religiosità intensa e austera di Moretto, che raggiunge un intenso pathos espressivo nel Cristo morto e l’angelo, opera della tarda maturità.
Lotto, La NativitàLa serie dei “ritratti” di autori bresciani ben rappresenta l’esigenza realistica condivisa e pienamente realizzata anche dal bergamasco Giovan Battista Moroni, autore del Ritratto di magistrato (1560).

Fortemente suggestive per il loro dinamismo compositivo di derivazione manierista sono i fregi del bresciano Lattanzio Gambara e le grandi tempere dei cremonesi Antonio e Giulio Campi.
Fra le opere di scuola veneta cinquecentesca si distingue la tela di Lorenzo Lotto con l’Adorazione dei pastori, databile al terzo decennio del secolo. L’accostamento cromatico di tonalità decise, l’irrequieto trascorrere delle luci, la composizione dinamica rendono questa tela una fra le opere più significative del grande artista.
La scuola rinascimentale dell’Italia centrale è rappresentata, anche se in numero limitato, da opere di grande interesse, come la Madonna col Bambino e San Giovannino di Francesco Francia e, soprattutto, l’Angelo e il Cristo benedicente di Raffaello Sanzio. Nell’Angelo, frammento della pala con l’Incoronazione di San Nicola da Tolentino, si riconosce la mano del giovane Raffaello, mentre il Cristo benedicente, preziosa opera destinata alla devozione privata, è avvolto da morbide modulazioni luministiche.

Per il XVII e XVIII secolo spiccano alcune grandi figure di aree culturali diverse; in ambito bresciano, meritano particolare attenzione Cifrondi e Ceruti, i cosiddetti “pittori della realtà”. Ceruti detto il Pitocchetto, Donne che lavoranoCampeggiano solitarie le figure di Antonio Cifrondi, come il personaggio rappresentato nella Cucitrice, con il quale l’artista intende esaltare il lavoro umile e quotidiano di un personaggio senza storia.
Assolutamente straordinaria, per numero e qualità, è la serie di opere di Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto. Nella sua pittura – essenziale nelle variazioni cromatiche ma densa di materia – l’artista rende lucidamente la propria sincera partecipazione alla condizione pietosa di un’umanità dolente, raffigurata in modo eloquente nelle tele provenienti dalla collezione Fenaroli-Avogadro (e collocate agli inizi del Novecento nel castello di Padernello): la celeberrima Lavandaia, le Donne che lavorano, l’Incontro nel bosco, i Calzolai e la Filatrice, ma anche opere come i Due pitocchi e il Portarolo. Ceruti fu anche abile e ricercato ritrattista, come testimonia la serie dei ritratti presenti in Pinacoteca.