Ritratti - Andrea
Zanzotto di Andrea Piovano |
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"Ritratti
nasce dal bisogno di incontrare uomini abitualmente appartati, lontani dal
clamore dei media. Sono occasioni che vorremmo definire utili: per capire, per
sapere. Come quando le tribù, nei momenti difficili, si sedevano attorno
ad un fuoco e interrogavano i saggi, gli sciamani. Andrea Zanzotto è
insieme la persona più radicale e nel contempo delicata che abbiamo mai
incontrato. Tutto in lui appare dominato da contrasti estremi e inattesi.
Sofferenza e leggerezza, fragilità e profondità." (Carlo
Mazzacurati, Marco Paolini) I titoli di inizio, in carattere "Aldo Manuzio", bianchi su sfondo nero, intervallano, troncandole, le parole di un vecchio seduto a un tavolo, lo si vede in faccia, a mezzo busto. La musica finisce e la telecamera resta immobile a "ritrarre" un dialogo: battuta e risposta, prima un viso, poi l'altro; ogni tanto, come vento o foglia, si posa su oggetti minuti o esplora di lontano un paesaggio: tenerezza e timidezza di sguardo scandiscono il ritmo visivo e sonoro. Si sta sul far della sera in una casa, la casa del poeta, di cui si vede poco, l'essenziale: una finestra che incornicia il buio che sta per arrivare, sul davanzale un cesto di frutta dai vivi colori, un tavolo, dei libri, alcuni aperti, altri chiusi. L'inizio della conversazione è quasi banale, per questo "accogliente": ecco che io spettatore posso partecipare del calore rarefatto di quella stanza, ecco che i fosfeni si dissolvono e la celluluoide si buca Si parla del vento, una sorta di nemico per le passeggiate di Andrea - così Marco Paolini chiama Zanzotto - che definendosi "meteodipendente" accenna alle visite quotidiane ai suoi ascoltatori: l'erba, i ranuncoli, l'acqua del fiume che "toglie staticità alle cose anche se può creare degli specchi". Poi si parla della neve, della "neve benefica", "candore fuori del tempo". Andrea recita un verso di una sua poesia: "mai mancante neve di metà maggio, chi vuoi salvare?" e intanto vediamo il profilo di sali e scendi delle sue montagne, le montagne visibili aldilà delle finestre della cucina di casa sua. E allora quel verso diventa: "Mai MaNcaNte NeVe di Metà Maggio, chi Vuoi salVare?", laddove il profilo delle lettere descrive immaginificamente quello delle montagne e viceversa, in un gioco di rimandi analogici che rende visibile la poesia. Siamo nuovamente nella casa del poeta, tra le sue cose e i suoi ricordi. Attraverso gli interrogativi di Marco, ci avviciniamo all'infanzia del poeta. Il piccolo Andrea viveva in un regno tutto suo, nel quale il paesaggio divenne una sorta di "handicap", tanto che "non potevo scrivere versi se non in un perimetro geografico". La telecamera, lentamente, esplora un affresco del padre, nel quale un bimbo, Andrea vestito da principino, è raffigurato tra frutti, piante e selvaggina: il ricordo va al "senso di delizia andando in calesse", al "respiro della psiche di fronte all'immensa offerta della natura". Questa esigenza di conchiudersi all'interno di uno spazio conosciuto appartiene anche ad Andrea divenuto vecchio, che vive all'interno di quello che chiama il suo "quadrilatero": un fazzoletto di terra fra le montagne, che si estende verso oriente al massimo fino a Pordenone. Il poeta racconta poi se stesso ragazzo, che, invaghitosi di una fanciulla la rese sua musa - "sapeva di essere musa, ma se ne fregava" - "petrarchizzandola". Andrea Zanzotto ripercorre ora i segni fondamentali del nostro secolo che, quando Vincenzo Monti nell'Ode al signor Mongolfier manifestava una fede crescente nella scienza, poteva essere atteso come il secolo dell'ottimismo e che oggi, di fronte al fenomeno della globalizzazione e al collasso di qualsiasi forma di razionalità, lascia lo stesso poeta incredulo di fronte ad una "scienza che, nata per liberare l'uomo" appare oggi una "fanciulletta che è stata violata". Il buio dietro la finestra diventa notte e Andrea e Marco si trovano a sfogliare le pagine dei libri sul tavolo e a parlare della musica, dei canti di paese, dei "contadini brilli" che un tempo intonavano "un canto che si allontanava nella notte", eco di quella leopardiana "musica udita di lontano". Ora affiorano alla memoria i canti sacri dei preti delle campagne e Andrea dal ritmo musicale si trova a parlare della lingua, scoperta di un viaggio accidentato, segno di un lessico familiare, ma anche di un andare ciechi mendicando di altri linguaggi, di un procedere raspando, superando le faglie che chi trotta - le avanguardie - non percepisce. Ecco allora assurgere a monito la lettura di San Gallo, contro una poesia che diventa un "cantarsi una ninna nanna", "piffero che addormenta i tiranni". Scorrono, in musica, i titoli di coda. La scheda del film RITRATTI - ANDREA ZANZOTTO di Carlo Mazzacurati, e Marco Paolini. Italia, 2000, Betacam, 50' Soggetto e sceneggiatura: Carlo Mazzacurati, Marco Paolini. Fotografia: Alessandro Pesci. Montaggio: Paolo Cottignola. Suono: Remo Ugolinelli. Produzione e distribuzione: Vesna Film. Interpreti: Andrea Zanzotto, Marco Paolini. La pellicola è stata presentata in occasione della 18° edizione del Torino film Festival nella sezione Sopralluoghi Italiani. |